Stop alle armi su i salari. Verso lo sciopero generale.

INTERVISTA ALLA RAPPRESENTANZA USI NEL COORINAMENTO DEI SINDACATI DI BASE E CONFLITTUALI

D. – Quale fase sta attraversando il coordinamento dei sindacati di base e conflittuali?

R. – Possiamo affermare che nella fase attuale il coordinamento dei sindacati ha nuovamente raggiunto quel traguardo dal quale si era partiti. Infatti con la proclamazione dello sciopero generale del 2 dicembre c’è stata di nuovo quell’ampia unità dell’area del sindacalismo conflittuale con cui si era iniziato il percorso circa un anno fa con lo sciopero riuscito dell’11 ottobre 2021, con tante manifestazioni attivate in tutto il territorio italiano.

Non neghiamo che nel percorso del coordinamento dei sindacati di base, continuato ininterrottamente nel corso dell’anno, ci sono stati momenti bassi e alti, basso soprattutto nel periodo dell’invasione dell’Ucraina, in cui il coordinamento in principio si è assottigliato, soprattutto per le divergenze sull’interpretazione iniziale degli avvenimenti. Come USI CIT siamo stati presenti in tutte le fasi del coordinamento, soprattutto di fronte ai drammatici eventi, convinti che l’unità dei sindacati di base e conflittuali, nell’obbiettivo del coordinamento su punti comuni, potesse solo rafforzare la protesta e animare in concreto il dibattito e l’opposizione sociale.

Nelle condizioni attuali, non certo favorevoli, è stato proclamato il primo, unico in Europa, sciopero contro la guerra, l’economia di guerra e il conseguente attacco alle condizioni di vita e di lavoro già precarie da tempo, il 20 maggio. Nel percorso della preparazione dello sciopero hanno avuto una funzione importante le due Assemblee Nazionali che si sono svolte a Milano e a Roma, in cui hanno partecipato e dato la propria adesione molte associazioni dell’opposizione sociale e dell’antimilitarismo. Soprattutto vanno rilevate le importanti adesioni avvenute, nella fase finale, da parte di quelle organizzazioni di base assenti all’inizio del percorso, probabilmente per le pressioni delle proprie aree militanti. Lo sciopero del 20 maggio è stato un momento importante poiché ha concretizzato la possibilità per lavoratori e lavoratrici di astenersi dal lavoro e usare questo strumento come forma effettiva, collettiva di lotta e conflitto. In un Paese in cui la libertà di sciopero è attaccata da varie delibere sempre più restrittive e la libertà di rappresentanza sindacale non è adeguata è stato un modo concreto e autorganizzato dal basso che ha dato visibilità e spazio all’opinione di lavoratori e lavoratrici, di analisi e reazione all’escalation bellica e al peggioramento delle condizioni economiche in atto. Molte sono state le mobilitazioni contro la guerra, l’invio di armi, il carovita, la devastazione ambientale, le lotte intersezionali importanti messe in piedi dal basso in questi ultimi mesi. Siamo convinti che il percorso unitario dei sindacati di base e conflittuale sia tra quelle realtà stabili che, in coerenza e in continuità, hanno avuto l’ambizione di mettere a nudo la complessità della situazione e delle rivendicazioni sindacali fuori dai sindacati concertativi CGIL CISL UIL. Mettersi in gioco e gestire l’unità nella diversità tra lavoratori e lavoratrici riuscendo a mettere in campo soluzioni comuni possibili in una fase, per varie ragioni, di disgregazione sociale è un progetto ambizioso e non certo facile . La proclamazione dello sciopero generale del 2 dicembre da parte dei sindacati di base e conflittuali tra cui l’USI, è già un’azione importante e concreta di lotta per le migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici che vorranno, con l’astensione dal lavoro, dare corpo e voce alla loro protesta.

D. – Che aspettative ci sono nello sciopero generale del 2 dicembre?

R. –Durante le iniziative della preparazione dello sciopero generale dell’11 ottobre e del 20 maggio avevamo già fatto presente che non sarebbero stati dei punti di arrivo ma delle tappe da intraprendere, in quanto le condizioni sociali interne e la guerra in corso allargavano progressivamente le loro prospettive nefaste. L’economia di guerra, seguita a quella della pandemia, ha aggredito sempre più le condizioni di sopravvivenza dei lavoratori, lavoratrici, pensionati e disoccupati attraverso un meccanismo di aumento dei prezzi e delle bollette, frutto anche delle speculazioni dei monopoli energetici, producendo anche l’effetto di chiusura di attività lavorative, mettendo letteralmente sul lastrico interi nuclei familiari.

Siamo di fronte ad un’inflazione in Europa che è già arrivata a sfiorare il 10% e abbiamo raggiunto il record dalle spese militari. Pensiamo alla Germania che ha avuto una spesa per l’esercito e il riarmo che non aveva dalla fine della Seconda guerra mondiale. In Italia l’invio di armi in Ucraina e dunque la reale spesa militare è stata anche secretata, l’aumento dei prezzi di prima necessità è oltre il 20%, la chiusura delle imprese sta causando ulteriori licenziamenti, e non si sta facendo nulla per l’indicizzazione dei salari e il loro adeguamento al costo della vita. Ricordiamo che la scala mobile è stata cancellata nel 1992 quando CGIL CISL UIL siglavano con il governo D’Amato e Confindustria la sua abolizione producendo nel corso degli ultimi decenni un vero e proprio collasso della capacità di acquisto dei nostri salari.

Sarà la strategia messa in campo dalle aziende della shrinkflaction, cioè il confezionamento con meno prodotto contenuto in pacchetti più piccoli venduti però allo stesso prezzo, a combattere l’inflazione galoppante o a nascondere a noi consumatori che ci stiamo impoverendo?

Saranno forse i fittizi bonus di 150, 200 euro miserevolmente elargiti sugli stipendi a coprire gli aumenti del costo della nostra vita di almeno 2000 euro l’anno mentre l’industria delle armi sta facendo profitti da record con le guerre?

Per quanto ci riguarda nello stesso tempo si sono aggiunti due aspetti estremamente allarmanti: la prospettiva di una guerra senza più controllo con la possibilità di un ricorso all’utilizzo di armi nucleari e, per stare alla situazione italiana, la costituzione di un governo di estrema destra, a guida Fratelli d’Italia. Una formazione politica di cui conosciamo la chiara provenienza poiché da sempre ha manifestato alleanza e sudditanza alle associazioni padronali, vanta una retorica patriottarda e guerrafondaia che da sempre ha sostenuto l’aumento delle spese militari e favorevole al loro impiego, molto pericoloso, soprattutto in questa fase. Sono già all’ordine del giorno emendamenti di restringimento nei confronti dei diritti civili nel nostro paese e, in tale circostanza, saremo ancor più vigili sulla libertà di sciopero e sulla rappresentanza sindacale, sui diritti delle lavoratrici, dei/delle migranti, delle libere soggettività LGBTQ+. La coalizione attuale Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega Nord inoltre conta al suo interno personaggi con note amicizie mafiose e stragiste.

In questo quadro disastroso e di certo peggioramento delle nostre condizioni economiche, dove le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese, e di attacco alle libertà sociali riteniamo di fondamentale importanza la proclamazione di uno sciopero generale nazionale nella giornata del 2 dicembre da parte dell’intero arco del sindacalismo di base e conflittuale. E’ un atto di responsabilità, un percorso diretto e chiaro.

D. – Quali sono i passaggi necessari per arrivare alla buona riuscita dello sciopero generale?

R. – Come sindacato di base ci teniamo a mettere in campo le nostre modalità di lotta attivate, consolidate e nuove, nei luoghi di lavoro e nei territori favorendo e supportando la partecipazione di lavoratori e lavoratrici. Sarà importante sottolineare e supportare le rivendicazioni nelle lotte di lavoratori e lavoratrici che arrivano dai territori già in atto e anche quelle nuove come, tra le altre, quella della Rovagnati, una lotta che abbiamo in atto da giorni contro il mancato pagamento di ore di lavoro e di straordinari e contro i licenziamenti di chi si ribella. Supportare le lotte territoriali e specifiche è imprescindibile ma stiamo lavorando anche per trovare quei momenti e quei punti comuni tra tutti i settori del pubblico e del privato che riguardano le condizioni di lavoro e di vita per tutte e tutti. Sarà importante lavorare al miglioramento e tutela delle condizioni di lavoro, di salario, di pensioni, di reddito minimo ma anche di salvaguardia della sanità, dell’istruzione gratuita per tutte e tutti e dell’ambiente. In questa fase di attacco alle condizioni di vita e sindacali dobbiamo però allargare ancor di più il perimetro dei nostri interventi e investire nell’intersezionalità delle lotte comprese quelle contro le spese militari a favore delle urgenti necessità sociali. Ci teniamo come USI alla chiarezza dei nostri metodi, spazi e passaggi decisionali in coerenza e in continuità con la struttura federalista libertaria che il nostro sindacato possiede e pratica sia nella forma che nella sostanza. Dunque il contesto in cui ragioniamo e decidiamo i percorsi di lotta da intraprendere al nostro interno hanno origine dal basso e per il basso. Le organizzazioni sindacali che partecipano al percorso unitario sono diverse nei metodi, nelle strutture e nelle modalità decisionali, a volte anche negli obbiettivi e pertanto sono state necessarie continue riunioni di confronto affinché il percorso di sciopero fosse davvero costruito in modo condiviso. A volte aggiornamenti arrivati da singole sigle sindacali hanno messo in discussione alcune proposte già condivise ma non hanno spostato di un millimetro la volontà di unità del sindacalismo di base e conflittuale. Questo ci ha dato il polso anche dell’importanza di organizzare le Assemblee nazionali messe in campo dove le organizzazioni sindacali di base e conflittuali che hanno proclamato lo sciopero si sono aperte al confronto con altre organizzazioni, associazioni, comitati, collettivi attivi anche in altre lotte non solo sindacali.

Nel mese di settembre abbiamo attivato inoltre un forum dei sindacati alternativi europei a Roma per un confronto e una possibile occasione di lotta. Porteremo le ragioni dello sciopero generale nelle mobilitazioni attivate nel nostro paese contro il carovita e il caro bollette, nelle assemblee cittadine e regionali, nella manifestazione del 22 ottobre a Bologna, del 5 novembre a Modena, Roma e Napoli e oltre, tradurremo l’appello e la proclamazione in varie lingue e le diffonderemo perché tale condizione è vissuta anche in altri paesi europei. In Spagna ad esempio il 15 ottobre a Madrid c’è stata una manifestazione del movimento dei pensionati che ha visto una larga partecipazione da parte di tutti i sindacati alternativi e di base.

Dunque un percorso, quello dello sciopero generale del 2 dicembre in Italia, articolato e in costruzione attraverso il confronto continuo nei luoghi di lavori e oltre.

D. – Quali sono gli obbiettivi principali da perseguire in questa fase e con questo sciopero generale?

R. – Il blocco delle spese militari e dell’invio di armi in Ucraina, nonché gli investimenti per la scuola, per la sanità pubblica, per i trasporti, per il salario garantito per disoccupati e sottoccupati sono gli obbiettivi di questo sciopero insieme all’adeguamento dei salari e delle pensioni al costo della vita. Riteniamo inoltre che per un concreto intervento di contrasto al carovita si dovranno inoltre congelare e calmierare i prezzi dei beni primari e dei combustibili, incamerare gli extra-profitti maturati dalle imprese petrolifere, di gas e carburanti con la relativa cancellazione degli aumenti delle tariffe dei servizi ed energia. Per contrastare la povertà sono necessarie inoltre soluzioni che abbiano un riscontro concreto e immediato, un vero e proprio cambio radicale di paradigma, nelle scelte dei governi ma dubitiamo fortemente che questo avvenga, realisticamente parlando, senza un’opposizione sociale, decisa e partecipata, partendo dai luoghi di lavoro e dalla società in generale. Un altro degli obbiettivi dello sciopero generale del 2 dicembre è la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e l’introduzione del salario minimo a 12 euro l’ora. Non occorre essere esperti di economia per capire che la precarizzazione dei contratti, i licenziamenti e la chiusura delle imprese incrementerà ancor di più la disoccupazione e la mancanza di reddito. Il taglio alle spese sociali e l’incremento delle privatizzazioni dei servizi tra le quali la sanità e l’istruzione peggiorerà ancor di più le condizioni economiche e di vita di chi ha già un basso reddito o per varie ragioni non ce l’ha. Siamo convinti che l’ulteriore restrizione degli spazi di libertà, la militarizzazione dei territori e dei confini, come è nel programma dell’attuale governo, sarà causa di ulteriore allargamento della povertà nel nostro paese.

Questi sono solo alcuni punti delle rivendicazioni contenute nella proclamazione dello sciopero ma riteniamo che siano essenziali.

D. – Quale mobilitazione ci sarà nella giornata dello sciopero generale?

R. – Il dibattito in merito è ancora aperto. Al momento stiamo lavorando all’ appello di tutti i sindacati di base e conflittuali e all’organizzazione dell’Assemblea nazionale del 6 novembre a Roma. Dunque un percorso articolato quello di costruzione dello sciopero generale nazionale del 2 dicembre, un’altra tappa determinante e importante per i lavoratori e le lavoratrici. Ancora una volta i sindacati di base e conflittuali sono in pista e scommettono che, per quanto e laddove è possibile, la diversità può diventare ed essere usata e gestita consapevolmente come un valore aggiunto nelle lotte sindacali e non uno strumento divisivo. Attraversare la diversità in modo orizzontale e non egemonico può essere a nostro avviso il salto e la spinta propulsiva per superare una realtà asfissiante ed è il nostro modo di vivere il mutuo appoggio, la solidarietà fianco a fianco, nella volontà e nella pratica di un cambiamento effettivo non solo estetico.

A cura di Norma Santi

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